A TUTTO...BRAHMS

Mercoledì 25 ottobre 2017

Salone del Conservatorio, ore 20.30

A TUTTO.... BRAHMS

 

brahms

 

 

Johannes Brahms (1833-1897)

Liebeslieder Walzerop. 52

Marzia Saba Rizzi, soprano

Tiziana Portoghese, mezzo soprano

Nicola Sette, tenore

Angelo De Leonardis, basso

Cecilia Airaghi – Ettore Papadia, pianoforte

Piano Sonata op. 34 bis

Cecilia Airaghi – Ettore Papadia, pianoforte

 

 

18 Liebeslieder Walzer opus 52

Anche se la sua fama è affidata oggi principalmente alla musica strumentale e da camera, non va dimenticato che Brahms fu un finissimo autore di Lieder e ne scrisse oltre duecento, tra cui alcuni di essi meritano l'appellativo di capolavori per la freschezza dell'invenzione musicale e la purezza della linea melodica. In questo campo Brahms si riallaccia all'esempio di Schubert e di Schumann, che sono stati tra i più profondi e ispirati creatori del Lied, inteso come momento intimistico dell'espressione artistica. Forse in Brahms c'è un maggiore interesse per il canto popolare (Volkslied), valorizzato dalla letteratura romantica in quanto manifestazione autentica e sincera del sentimento del popolo. In questo senso la sua opinione in proposito è racchiusa in una lettera indirizzata a Clara Schumann in cui parla di un coro femminile da lui costituito ad Amburgo unicamente per il divertimento di tutti i suoi componenti e senza l'intenzione di svolgere un'attività pubblica e per il quale Brahms rielaborò diversi Lieder. «Ora ci riuniamo amichevolmente una sera alla settimana - dice il musicista - e credo che le belle canzoni popolari mi intratterranno assai piacevolmente. Penso perfino che imparerò molte cose, perché devo pur sempre esaminare e ascoltare i Lieder con serietà. Voglio veramente impadronirmi del loro segreto. Non basta cantarli una volta con entusiasmo nell'atmosfera adatta. Il Lied naviga al momento attuale seguendo una rotta sbagliata, e non è possibile inculcare a se stessi un ideale. Ed è ciò che il Volkslied rappresenta per me».

Da questa esperienza musicale con il coro femminile amburghese e con il coro misto diretto successivamente a Detmold, Brahms ricavò insegnamenti per le composizioni a più voci, con accompagnamento per pochi strumenti. Nacquero così i poetici Dodici Lieder e le delicatissime Romanze op. 44 per voci femminili, i sentimentali Quattro Canti op. 17 per coro femminile con due corni e arpa, i romantici Marienlieder op. 22 e i Mottetti op. 29. Tali lavori consentirono fra l'altro al musicista di prepararsi alla grande prova dell'opera corale di ampie dimensioni, quale fu il Deutsches Requiem, che dopo la sua prima esecuzione nel duomo di Brema nel 1868 fu accolto in pochi anni da tutte le associazioni corali tedesche.

Ma anche se alle prese con importanti composizioni sinfoniche e corali, Brahms non trascura la musica popolare e il filone del Lied, filtrato attraverso il gusto dell'amabile cordialità viennese e all'insegna dell'ammirazione per Schubert e per Johann Strauss, considerato dall'amburghese e da Wagner il più grosso cranio musicale nell'Europa del suo tempo. In questo ambito si collocano le ventuno Danze ungheresi per pianoforte a quattro mani (1858-1869) e i Liebeslieder-Walzer op. 52 (1868), insieme ai Neue Liebeslieder-Walzer op. 65 (1874) per quartetto di voci ad libitum e pianoforte a quattro mani. Le Danze ungheresi recano il segno dell'interesse sempre vivissimo di Brahms per la musica tzigana, conosciuta tramite l'estroso violinista Eduard Remenyi, con il quale fece, nel ruolo di pianista, una tournée in vari paesi del centro-Europa. E' una musica dal ritmo vivace e spigliato, con venature ironiche e soprattutto intrisa di una inesauribile gioia di vivere. Di tono deliziosamente cameristico e lungo la linea della colta tradizione della Hausmusik di lingua tedesca sono i Liebeslieder-Walzer op. 52, concepiti come un omaggio al valzer e al laendler austriaci. Sono diciotto brani musicali su poesie della raccolta «Polydora» di G.F. Daumer (1800-1875), scrittore di vari poemi di accesa fantasia romantica e aventi come tema l'idealizzazione della donna; le sue liriche più note hanno il titolo «Frauenbilder und Huldigungen». Si tratta di componimenti di penetrante fascino melodico e armonico e ricchi di crepuscolare tenerezza, pur nella piacevole festosità tipicamente viennese che li contraddistingue dal principio alla fine (lo stesso autore, riferendosi a questo lavoro, disse ad un amico: «Rischio di essere qualificato un asino se i miei Liebeslieder non arrecano un sentimento di gioia a chi lì ascolta». Essi appartengono indubbiamente ad una civiltà musicale di alto livello e che un tempo veniva assaporata e gustata in solitudine tra le pareti domestiche, in una beatificante pace spirituale, perché, come dice il Faust goethiano, «il mondo non è muto per chi sa intendere».

 

            Rede, Mädchen  -   Am Gesteine rauscht die Flut  - O die Frauen  - Wie des Abends schöne Röte  -  Die grüne Hopfenranke  -  Ein kleiner, hübscher Vogel  -

Wohl schön bewandt war es  -  Wenn so lind dein Auge mir  -  Am Donaustrande  -  O wie sanft die Quelle  -  Nein, est ist nicht auszukommen  -  Schlosser auf, und mache Schlösser  - 

Vögelein durchrauscht die Luft  -  Sieh, wie ist die Welle klar  -  Nachtigall, sie singt so schön  -  Ein dunkeler Schacht ist Liebe -  Nicht wandle, mein Licht  -  Es bebet das Gesträuche 

 

 

Sonata in fa minore per due pianoforti, op. 34 bis

Brahms iniziò a comporre nel 1861 ad Amburgo un Quintetto per strumenti ad arco e due violoncelli; nel mese di settembre dello stesso anno lo annunciò al suo amico Dietrich e chiese il parere su questo lavoro alle persone che gli erano più vicine spiritualmente, il violinista Joachim e Clara Schumann. Costei gli scrisse un biglietto con queste parole: «Non ti so dire la gioia che mi ha dato il tuo Quintetto per archi», mentre Joachim espresse un giudizio più riservato, dicendo: «E' difficile e temo che senza una interpretazione vigorosa questo Quintetto non risulti abbastanza chiaro». Lo ascoltò nel 1863 e confermò il suo giudizio; Brahms accettò il consiglio dell'amico violinista e trascrisse la composizione per due pianoforti e in duo con Karol Tausig presentò l'opera a Vienna il 17 aprile 1864. L'accoglienza non fu entusiasta e l'anno successivo a Baden ebbe luogo una seconda esecuzione alla presenza della principessa Anna di Hesse, alla quale la sonata era stata dedicata, e di Clara Schumann, che poco dopo manifestò a Brahms la sua approvazione, scrivendo: «E' un'opera così ricca di idee che richiede l'intervento di tutta l'orchestra. Te ne prego: rivedila ancora una volta». Dal canto suo il direttore d'orchestra Hermann Levi si permise di consigliare al musicista di modificare la sonata in un Quintetto con pianoforte; il che fu fatto con piena soddisfazione del Levi, il quale disse «Il Quintetto è bello, al di là di ogni specifica definizione... Non contiene una sola nota che possa far pensare ad un adattamento».

Da allora il Quintetto in fa minore per pianoforte ed archi op. 34 ha avuto larga diffusione ed è entrato stabilmente nel repertorio dei complessi da camera, mentre la Sonata in fa minore op. 34 bis per due pianoforti è stata messa un po' in ombra, anche se costituisce l'originale del Quintetto e mantiene intatto il suo valore musicale. L'Allegro non troppo si apre con un tema vigoroso e solenne, cui segue una frase più leggera e melodica in do diesis, molto frastagliata nello sviluppo delle modulazioni, secondo un gusto compositivo tipicamente brahmsiano. Dopo un'esposizione ampia e ricca di varietà ritmica si affaccia un terzo tema affine al primo, quasi a concludere il discorso in un clima di equilibrato classicismo. L'Andante un poco adagio ha un tono meditativo e di delicata poesia, articolato in due temi, in la bemolle e in mi maggiore, che si sorreggono e si integrano fra di loro in un gioco timbrico e polifonico particolarmente espressivo. Lo Scherzo è dominato da un andamento ritmico sincopato, energico e possente, che passa dal 6/8 al 2/4, per esplodere in una gioiosa fanfara di suoni. Si avverte un'ansia drammatica di taglio romantico, spezzata verso la fine e prima della ripresa aggressiva dell'allegro dalla dolce cantabilità melodica del Trio, inteso come momento di riposo e di riflessione.

Il tempo conclusivo si apre con una frase lenta e distesa (Poco sostenuto) che sfocia in un tema di marcia di impianto ritmico, da cui si diparte una complessa ed elaborata successione di idee, fino al Presto non troppo, dove si realizza una specie di sintesi tra la forma-sonata, il rondò e la variazione, trattati con tecnica magistrale e straordinaria inventiva di soluzioni sonore, anche audaci per l'epoca in cui la composizione per due pianoforti fu scritta e pubblicata.

 

 

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